Il suono della campanella
Quando suonò la campanella, un brivido mi toccò il cuore.
Erano le 8:00 del 12 settembre, ero nel cortile della mia scuola con lo zaino sulle spalle e la testa tra le nuvole.
Il preside iniziò a chiamare per nome gli alunni. Quando fu il mio turno, spaventato, mi avvicinai all’ ingresso.
Entrato in classe vidi per la prima volta i miei compagni:anche loro erano spaventati come me.Lo leggevo nei loro occhi,negli sguardi silenziosi e nei sorrisi timidi.
Ero spaventato, ma allo stesso tempo molto contento di questo nuovo inizio.
Mi sedetti al terzo banco.
In tre settimane tutto è cambiato.
Gli sconosciuti ora sono diventati compagni di un’avventura che continuerà e chissà dove ci porterà.
Quando suonò la campanella, un brivido mi toccò il cuore.
Erano le 8:00 del 12 settembre, ero nel cortile della mia scuola con lo zaino sulle spalle e la testa tra le nuvole.
Il preside iniziò a chiamare per nome gli alunni. Quando fu il mio turno, spaventato, mi avvicinai all’ ingresso.
Entrato in classe vidi per la prima volta i miei compagni:anche loro erano spaventati come me.Lo leggevo nei loro occhi,negli sguardi silenziosi e nei sorrisi timidi.
Ero spaventato, ma allo stesso tempo molto contento di questo nuovo inizio.
Mi sedetti al terzo banco.
In tre settimane tutto è cambiato.
Gli sconosciuti ora sono diventati compagni di un’avventura che continuerà e chissà dove ci porterà.
Due passi per Lecco
Erano passati solo 10 giorni, la scuola era appena incominciata, ed era prevista già una gita.
L’emozione era a mille, il grande giorno era finalmente arrivato.
Il viaggio in pullman non è stato tanto lungo; arrivati a Lecco ci siamo recati al “Palazzo delle paure” dove si trovavano esposte le fotografie di Robert Doisneau.
Dopo averci accolti, le guide ci hanno consegnato le audiooguide e abbiamo iniziato il percorso attraverso le stanze in cui erano esposti le varie cornici.
Le foto, tutte in bianco e nero, rappresentavano tanti momenti della vita quotidiana: bambini a scuola, giovani innamorati per le vie di Parigi, scatti umoristici…
Dopo aver visto la mostra ognuno di noi, in riva al lago, ha scritto un breve testo narrativo su uno scatto di Doisneau.
È stata una giornata veramente indimenticabile! Laboratorio di scrittura
Erano passati solo 10 giorni, la scuola era appena incominciata, ed era prevista già una gita.
L’emozione era a mille, il grande giorno era finalmente arrivato.
Il viaggio in pullman non è stato tanto lungo; arrivati a Lecco ci siamo recati al “Palazzo delle paure” dove si trovavano esposte le fotografie di Robert Doisneau.
Dopo averci accolti, le guide ci hanno consegnato le audiooguide e abbiamo iniziato il percorso attraverso le stanze in cui erano esposti le varie cornici.
Le foto, tutte in bianco e nero, rappresentavano tanti momenti della vita quotidiana: bambini a scuola, giovani innamorati per le vie di Parigi, scatti umoristici…
Dopo aver visto la mostra ognuno di noi, in riva al lago, ha scritto un breve testo narrativo su uno scatto di Doisneau.
È stata una giornata veramente indimenticabile! Laboratorio di scrittura
Al di là della religione: una visita inusuale
La visita degli alunni della IV A alla Sinagoga di Mantova
“Shalom, ragazzi. Benvenuti”. Così ci accoglie la signora Norsa sull’uscio della Sinagoga Norsa Torrazzo, nel freddo mattino di Mantova. “Io sono italiana, con gli stessi vostri diritti e doveri; la religione non c’entra” sottolinea subito la signora, ebrea, sulla settantina, con i capelli corti e lo sguardo fiero. La comunità ebraica di Mantova comprende circa 75 persone, che il venerdì sera si riuniscono nella Sinagoga. Non si celebra il sabato perché altrimenti i fedeli non potrebbero utilizzare l’auto o i mezzi pubblici.
Da fuori l’edificio sembra una casa qualsiasi, fatta eccezione per una targa che ricorda gli ebrei deportati nel 1944, ma dentro cela un importante tesoro storico e culturale. La Sinagoga originale, nel Ghetto, venne demolita all’inizio del XX secolo e ricostruita fedelmente in via Govi. Dopo aver attraversato l’ampio atrio, si entra nella sala delle celebrazioni.
E’ un locale luminoso, privo di affreschi (sono vietati dall’Ebraismo), ma ugualmente elegante con le sue decorazione vegetali in stucco e le scritte in ebraico. Iniziamo a fare domande e la signora Norsa ci risponde con gentilezza e semplicità, parlandoci di alcuni aspetti del mondo ebraico, come il cibo kosher. “Non pensate che io sia perfetta, ma mi sforzo di portare avanti queste tradizioni. L’Ebraismo non è solo fede, ma anche tradizione e io ne vado orgogliosa. Anche voi dovete essere orgogliosi delle vostre tradizioni”, dice con il sorriso.
Anche gli argomenti più delicati, come la Shoah sono trattati con leggerezza e serenità: “Per noi ebrei il 27 gennaio è ogni giorno, tutti abbiamo perso almeno un familiare in quella circostanza. Comunque apprezzo il fatto che gli Stati abbiano riconosciuto ciò che è successo”.
Dopo un piacevole dialogo è ora di andare. Salutiamo la signora Norsa che ci risponde con un altro sorriso. Poi ci incamminiamo, consapevoli che quello che ci ha spiegato va al di là della religione.
La visita degli alunni della IV A alla Sinagoga di Mantova
“Shalom, ragazzi. Benvenuti”. Così ci accoglie la signora Norsa sull’uscio della Sinagoga Norsa Torrazzo, nel freddo mattino di Mantova. “Io sono italiana, con gli stessi vostri diritti e doveri; la religione non c’entra” sottolinea subito la signora, ebrea, sulla settantina, con i capelli corti e lo sguardo fiero. La comunità ebraica di Mantova comprende circa 75 persone, che il venerdì sera si riuniscono nella Sinagoga. Non si celebra il sabato perché altrimenti i fedeli non potrebbero utilizzare l’auto o i mezzi pubblici.
Da fuori l’edificio sembra una casa qualsiasi, fatta eccezione per una targa che ricorda gli ebrei deportati nel 1944, ma dentro cela un importante tesoro storico e culturale. La Sinagoga originale, nel Ghetto, venne demolita all’inizio del XX secolo e ricostruita fedelmente in via Govi. Dopo aver attraversato l’ampio atrio, si entra nella sala delle celebrazioni.
E’ un locale luminoso, privo di affreschi (sono vietati dall’Ebraismo), ma ugualmente elegante con le sue decorazione vegetali in stucco e le scritte in ebraico. Iniziamo a fare domande e la signora Norsa ci risponde con gentilezza e semplicità, parlandoci di alcuni aspetti del mondo ebraico, come il cibo kosher. “Non pensate che io sia perfetta, ma mi sforzo di portare avanti queste tradizioni. L’Ebraismo non è solo fede, ma anche tradizione e io ne vado orgogliosa. Anche voi dovete essere orgogliosi delle vostre tradizioni”, dice con il sorriso.
Anche gli argomenti più delicati, come la Shoah sono trattati con leggerezza e serenità: “Per noi ebrei il 27 gennaio è ogni giorno, tutti abbiamo perso almeno un familiare in quella circostanza. Comunque apprezzo il fatto che gli Stati abbiano riconosciuto ciò che è successo”.
Dopo un piacevole dialogo è ora di andare. Salutiamo la signora Norsa che ci risponde con un altro sorriso. Poi ci incamminiamo, consapevoli che quello che ci ha spiegato va al di là della religione.
Una giornata tra le meraviglie di Mantova
Mantova, città madre di grandi artisti come Virgilio, ci ospita per una giornata nella bellezza dei suoi monumenti
Dopo ben quattro ore di pullman, arriviamo nella città e passeggiamo per le meravigliose vie e piazze, osservando ogni dettaglio e soffermandoci su alcuni dei principali monumenti della città.
Camminando, raggiungiamo la magnifica sinagoga, un luogo molto suggestivo, dove veniamo accolti e introdotti.
Qui ci vengono presentati alcuni principi della cultura ebraica; abbiamo anche la possibilità di porre delle domande e di risolvere dei dubbi suscitati in noi dalla lettura del romanzo "Il mio nome è Asher Lev".
Per pranzo, ci dirigiamo verso una pizzeria in centro città. Andiamo poi verso la chiesa di San Sebastiano, progettata da Leon Battista Alberti, per osservare le semplici ma bellissime linee dell'architettura rinascimentale.
Veniamo poi guidati alla mostra dedicata al pittore ebreo russo Marc Chagall, allestita nel Palazzo della Ragione, dove possiamo vedere molti dei quadri dell'artista. Abbiamo anche la possibilità di vedere i famosissimi "Teleri",
dei grandi quadri che sono in prestito dalla Galleria di Stato Tretjakov di Mosca, creati appositamente per il Teatro ebraico da camera. Infine ripartiamo, felici di ciò che abbiamo appreso in questa magnifica giornata
Mantova, città madre di grandi artisti come Virgilio, ci ospita per una giornata nella bellezza dei suoi monumenti
Dopo ben quattro ore di pullman, arriviamo nella città e passeggiamo per le meravigliose vie e piazze, osservando ogni dettaglio e soffermandoci su alcuni dei principali monumenti della città.
Camminando, raggiungiamo la magnifica sinagoga, un luogo molto suggestivo, dove veniamo accolti e introdotti.
Qui ci vengono presentati alcuni principi della cultura ebraica; abbiamo anche la possibilità di porre delle domande e di risolvere dei dubbi suscitati in noi dalla lettura del romanzo "Il mio nome è Asher Lev".
Per pranzo, ci dirigiamo verso una pizzeria in centro città. Andiamo poi verso la chiesa di San Sebastiano, progettata da Leon Battista Alberti, per osservare le semplici ma bellissime linee dell'architettura rinascimentale.
Veniamo poi guidati alla mostra dedicata al pittore ebreo russo Marc Chagall, allestita nel Palazzo della Ragione, dove possiamo vedere molti dei quadri dell'artista. Abbiamo anche la possibilità di vedere i famosissimi "Teleri",
dei grandi quadri che sono in prestito dalla Galleria di Stato Tretjakov di Mosca, creati appositamente per il Teatro ebraico da camera. Infine ripartiamo, felici di ciò che abbiamo appreso in questa magnifica giornata
Un genio tra pittura e poesia
Gli alunni della IV A alla scoperta di Marc Chagall a Mantova
“Mi chiamo Marc. Ho l’animo sensibile e non ho denaro, ma di me si dice che abbia talento. Non smettete mai di sognare” scrive Marc Chagall con il quadro ‘Amore sulla scena’ del 1920, visitato durante la mostra del celebre pittore a Mantova.
“Come nella pittura, così nella poesia” recita lo slogan della mostra di Marc Chagall a Mantova, in un’ampia sala di Palazzo della Ragione. Perché è questo che fa Chagall, con la pittura ci racconta delle poesie, ispirandosi alla sua vita e alla sua religione, quella Ebraica. Noi studenti della IV A abbiamo potuto verificarlo personalmente ed è stata una grande esperienza.
“Chagall dipinge quando è innamorato” esordisce la nostra guida. L’esistenza di Chagall non fu tranquilla. Egli nacque nel 1887 nella gelida Vitebsk, quando la Russia era poverissima e il più grande regalo che riceveva da suo padre era una pera congelata. Eppure Chagall dipinge poesie, ispirato dai suoi amori, in particolare da Bella.
La prima sezione della mostra ospita numerose acqueforti leggere e delicate, destinate a corredare le favole di La Fontaine. Chagall, però, non si limita a illustrare, vuole raccontare, dire qualcosa di più in base al proprio punto di vista. Egli mantenne sempre un punto di vista personale, ispirandosi a molte correnti, ma mai aderendovi completamente. Altre acqueforti illustrano l’opera “Le anime morte” di Gogol’ e appaiono quasi gelide nella loro economia di linee, ma comunque leggere.
Poi si passa ai quadri, straordinario prestito Tretyakov di Mosca. Un’intera sala è dedicata ai sette teleri realizzati nel 1920 per il Teatro Ebraico da camera di Mosca. Le opere sono dette teleri perché Chagall miscelò la pittura con la calce, realizzando una via di mezzo tra tela e affresco: “Un'altra espressione del suo genio” commenta la guida.
Le opere, di dimensioni imponenti, vennero realizzate in meno di quaranta giorni. In esse la nostalgia di Vitebsk è meno evidente e i teleri appaiono allegri, rappresentando con efficacia diversi aspetti del teatro. Si passa dalla festosità di “Introduzione al teatro ebraico” al romanticismo di “Amore sulla scena”, con i due ballerini quasi invisibili, senza mai abbandonare la leggerezza tipica di Chagall.
La nostra giornata a Mantova è stata arricchita ulteriormente da questa esperienza, che ci ha permesso di osservare da vicino un genio tra pittura e poesia.
Gli alunni della IV A alla scoperta di Marc Chagall a Mantova
“Mi chiamo Marc. Ho l’animo sensibile e non ho denaro, ma di me si dice che abbia talento. Non smettete mai di sognare” scrive Marc Chagall con il quadro ‘Amore sulla scena’ del 1920, visitato durante la mostra del celebre pittore a Mantova.
“Come nella pittura, così nella poesia” recita lo slogan della mostra di Marc Chagall a Mantova, in un’ampia sala di Palazzo della Ragione. Perché è questo che fa Chagall, con la pittura ci racconta delle poesie, ispirandosi alla sua vita e alla sua religione, quella Ebraica. Noi studenti della IV A abbiamo potuto verificarlo personalmente ed è stata una grande esperienza.
“Chagall dipinge quando è innamorato” esordisce la nostra guida. L’esistenza di Chagall non fu tranquilla. Egli nacque nel 1887 nella gelida Vitebsk, quando la Russia era poverissima e il più grande regalo che riceveva da suo padre era una pera congelata. Eppure Chagall dipinge poesie, ispirato dai suoi amori, in particolare da Bella.
La prima sezione della mostra ospita numerose acqueforti leggere e delicate, destinate a corredare le favole di La Fontaine. Chagall, però, non si limita a illustrare, vuole raccontare, dire qualcosa di più in base al proprio punto di vista. Egli mantenne sempre un punto di vista personale, ispirandosi a molte correnti, ma mai aderendovi completamente. Altre acqueforti illustrano l’opera “Le anime morte” di Gogol’ e appaiono quasi gelide nella loro economia di linee, ma comunque leggere.
Poi si passa ai quadri, straordinario prestito Tretyakov di Mosca. Un’intera sala è dedicata ai sette teleri realizzati nel 1920 per il Teatro Ebraico da camera di Mosca. Le opere sono dette teleri perché Chagall miscelò la pittura con la calce, realizzando una via di mezzo tra tela e affresco: “Un'altra espressione del suo genio” commenta la guida.
Le opere, di dimensioni imponenti, vennero realizzate in meno di quaranta giorni. In esse la nostalgia di Vitebsk è meno evidente e i teleri appaiono allegri, rappresentando con efficacia diversi aspetti del teatro. Si passa dalla festosità di “Introduzione al teatro ebraico” al romanticismo di “Amore sulla scena”, con i due ballerini quasi invisibili, senza mai abbandonare la leggerezza tipica di Chagall.
La nostra giornata a Mantova è stata arricchita ulteriormente da questa esperienza, che ci ha permesso di osservare da vicino un genio tra pittura e poesia.
La fotografia come un libro
Estetica, colori, emozioni, lettere e realtà: la fotografia come un libro.
E’ così che Steve McCurry, uno dei fotografi più conosciuti al mondo, attraverso questi canoni, che sono colori, lettere e semplicità, viene celebrato a livello internazionale per la sua capacità nel trasmettere la realtà in modo creativo e di dar voce a temi importanti come: "Leggere".
Proprio questo è il nome attribuito alla mostra che, situata nelle gallerie Estensi di Modena, presenta numerosissime immagini.
Questa mostra è aperta a tutti: adulti, ragazzi, aspiranti fotografi e soprattutto studenti.
Per questo, non si è presentata occasione migliore, alla classe V A del Liceo Classico Ernesto Cairoli di Varese, nello scorso Novembre, per poter ammirare la magnifica mostra.
L’esposizione ha fatto viaggiare gli studenti tra culture diverse: dai balconi malandati, le vie antiche e le strade dell’India, alle piazze affollate di Cuba, alle poverissime scuole dell’Afghanistan, alle immense librerie delle città del Brasile.
Sono immagini con volti di persone comuni che svolgono azioni quotidiane, come ad esempio leggere; infatti i soggetti nelle varie fotografie leggono mentre lavorano, mentre camminano, mentre aspettano qualcuno, mentre sono in macchina, tra i banchi di scuola e affacciati alla finestra o su un piccolo balcone.
Altre fotografie invece si possono leggere da sé, senza la presenza di libri o giornali, si leggono attraverso gli sguardi calcati e decisi, dagli occhi acquosi, dagli occhi verdi e azzurri, dai sorrisi, dalle lacrime, dai volti che rappresentano la disperazione o la tranquillità.
Le immagini hanno portato gli studenti, oltre a riflettere, a farsi guidare dalle emozioni e a guardare la bellezza di queste.
Queste fotografie vengono anche accompagnate una per una da celebri frasi letterarie e citazioni di famosissimi scrittori, quali per esempio: Umberto Eco, Italo Calvino, Franz Kafka e moltissimi altri. Questi capolavori vanno così a formare un percorso parallelo tra immagini e parole, che fanno pensare ai visitatori, l’importanza della lettura che porta sapienza e cultura.
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una vita sola: la propria.
Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele,
quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito.”
Umberto Eco
Estetica, colori, emozioni, lettere e realtà: la fotografia come un libro.
E’ così che Steve McCurry, uno dei fotografi più conosciuti al mondo, attraverso questi canoni, che sono colori, lettere e semplicità, viene celebrato a livello internazionale per la sua capacità nel trasmettere la realtà in modo creativo e di dar voce a temi importanti come: "Leggere".
Proprio questo è il nome attribuito alla mostra che, situata nelle gallerie Estensi di Modena, presenta numerosissime immagini.
Questa mostra è aperta a tutti: adulti, ragazzi, aspiranti fotografi e soprattutto studenti.
Per questo, non si è presentata occasione migliore, alla classe V A del Liceo Classico Ernesto Cairoli di Varese, nello scorso Novembre, per poter ammirare la magnifica mostra.
L’esposizione ha fatto viaggiare gli studenti tra culture diverse: dai balconi malandati, le vie antiche e le strade dell’India, alle piazze affollate di Cuba, alle poverissime scuole dell’Afghanistan, alle immense librerie delle città del Brasile.
Sono immagini con volti di persone comuni che svolgono azioni quotidiane, come ad esempio leggere; infatti i soggetti nelle varie fotografie leggono mentre lavorano, mentre camminano, mentre aspettano qualcuno, mentre sono in macchina, tra i banchi di scuola e affacciati alla finestra o su un piccolo balcone.
Altre fotografie invece si possono leggere da sé, senza la presenza di libri o giornali, si leggono attraverso gli sguardi calcati e decisi, dagli occhi acquosi, dagli occhi verdi e azzurri, dai sorrisi, dalle lacrime, dai volti che rappresentano la disperazione o la tranquillità.
Le immagini hanno portato gli studenti, oltre a riflettere, a farsi guidare dalle emozioni e a guardare la bellezza di queste.
Queste fotografie vengono anche accompagnate una per una da celebri frasi letterarie e citazioni di famosissimi scrittori, quali per esempio: Umberto Eco, Italo Calvino, Franz Kafka e moltissimi altri. Questi capolavori vanno così a formare un percorso parallelo tra immagini e parole, che fanno pensare ai visitatori, l’importanza della lettura che porta sapienza e cultura.
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una vita sola: la propria.
Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele,
quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito.”
Umberto Eco
Giro del mondo in 70 scatti
“Sono un fotografo di strada che ritrae situazioni trovate, e il miglior modo di farlo è camminare per le strade e catturare la vita nel momento stesso in cui accade, per caso”. Così Steve McCurry, fotografo statunitense, definisce il suo modo di lavorare, anzi, di fotografare. E basterebbe andare ad una sola sua mostra, come quella tenutasi presso le Gallerie Estensi di Modena, per rendersi conto di quanto questa affermazione sia appropriata. Settanta scatti provenienti dai quattro angoli della Terra, abbastanza grandi da poter catturare subito l’attenzione ed essere osservati in tutta la loro interezza. I soggetti erano persone molto diverse tra loro, tutte accomunate da un unico particolare: avevano quasi tutti qualcosa da leggere per le mani. “Leggere” era infatti il titolo dell’esposizione, che mostrava in pochi e incredibili scatti il potere di un libro, capace di catturare in qualsiasi posto e in qualsiasi occupazione ci si trovi, per quanto scomoda essa sia. Una donna in bilico su una scala di una biblioteca con un libro aperto in mano, un uomo immerso nella lettura sul cofano della sua auto, un ragazzino sdraiato su una stuoia su un marciapiede intento a leggere un volume sgangherato sono solo alcune delle sue fotografie, fotografie di gente assolutamente comune, che magari di quell'uomo con la macchina fotografica in mano non si erano neppure accorti, immortalati mentre compivano un’azione all'apparenza così banale e comune. Non mancavano alcuni dei suoi scatti più famosi, come la celeberrima “Ragazza Afghana” o “Tempesta di sabbia”, non inerenti al titolo della mostra ma talmente celebri e aventi un fascino e un magnetismo tali da non poter essere esclusi. La fotografia è una passione, e in quanto tale estremamente soggettiva, ma rimanere indifferenti di fronte alla semplicità disarmante di questi scatti, o di fronte alla forza di uno sguardo che punta dritto all'obiettivo, in cui si legge chiaramente la rabbia, la tristezza e l’orgoglio delle persone in difficoltà, gli ultimi tra gli ultimi, che sono proprio quelli che McCurry ama ritrarre maggiormente, è difficile, molto difficile. |
Quando la scuola…va a casa
La didattica a distanza: un’interessante novità in un brutto momento
La mattina ogni studente si siede alla scrivania, accende il computer e…va a scuola. O meglio, la scuola va a casa sua. Può sembrare un insensato gioco di parole, ma da qualche settimana questa è la nuova routine degli studenti italiani. A causa di una situazione che può definirsi manzoniana, oppure degna di qualche film fantascientifico, l’intero mondo globalizzato ha subìto una battuta d’arresto e le nostre vite hanno conosciuto l’isolamento.
Tuttavia, in una situazione così drammatica e inaspettata, è positiva la rapidità e l’efficacia con cui la scuola italiana ha reagito e si è adattata. Si tratta di un fatto piccolo, che non può oscurare il sacrificio di tutto il Paese, specialmente di chi lotta in prima linea, ma ne sottolinea la capacità di reagire, di adattarsi a una nuova, assurda normalità. È un simbolo di speranza permettere ai giovani di continuare la loro formazione per il futuro.
Ma concretamente, cos’è la didattica a distanza? E cosa significa per gli studenti? Senza dubbio, è strana l’idea che i professori entrino in casa, seppur virtualmente. Prima, eravamo abituati ad associare un luogo a una funzione determinata, mentre ora tutto avviene fra quattro mura. Il rischio è che i diversi ambiti della vita si sovrappongano: così risulterebbero compromessi sia i momenti d’impegno sia quelli di svago. Ma nel caso della scuola, con la buona volontà di insegnanti e alunni, è possibile evitare l’inconveniente.
Perciò, al momento, la didattica a distanza pare un esprimento ben riuscito. La scuola si è allontanata dalla suddivisione abituale del tempo e del programma, ha dovuto sviluppare nuove vie per trasmettere i contenuti agli alunni e valutare i loro progressi. Questa esprienza, se stiamo attenti a non cadere nella negligenza, ci permette di sperimentare ciò che i Greci chiamavano scolè, ovvero il piacere disinteressato per l’apprendimento e la conoscenza.
Certo, la didattica a distanza è agli albori e non mancano interrogativi sul futuro, soprattutto a breve termine. Ma i progressi fatti in queste settimane sono molto importanti e saranno utili per gli anni a venire, anche fuori da questa brutta situazione, senza dimenticarci che nessuna tecnologia potrà mai sostituire il calore del contatto umano.
La didattica a distanza: un’interessante novità in un brutto momento
La mattina ogni studente si siede alla scrivania, accende il computer e…va a scuola. O meglio, la scuola va a casa sua. Può sembrare un insensato gioco di parole, ma da qualche settimana questa è la nuova routine degli studenti italiani. A causa di una situazione che può definirsi manzoniana, oppure degna di qualche film fantascientifico, l’intero mondo globalizzato ha subìto una battuta d’arresto e le nostre vite hanno conosciuto l’isolamento.
Tuttavia, in una situazione così drammatica e inaspettata, è positiva la rapidità e l’efficacia con cui la scuola italiana ha reagito e si è adattata. Si tratta di un fatto piccolo, che non può oscurare il sacrificio di tutto il Paese, specialmente di chi lotta in prima linea, ma ne sottolinea la capacità di reagire, di adattarsi a una nuova, assurda normalità. È un simbolo di speranza permettere ai giovani di continuare la loro formazione per il futuro.
Ma concretamente, cos’è la didattica a distanza? E cosa significa per gli studenti? Senza dubbio, è strana l’idea che i professori entrino in casa, seppur virtualmente. Prima, eravamo abituati ad associare un luogo a una funzione determinata, mentre ora tutto avviene fra quattro mura. Il rischio è che i diversi ambiti della vita si sovrappongano: così risulterebbero compromessi sia i momenti d’impegno sia quelli di svago. Ma nel caso della scuola, con la buona volontà di insegnanti e alunni, è possibile evitare l’inconveniente.
Perciò, al momento, la didattica a distanza pare un esprimento ben riuscito. La scuola si è allontanata dalla suddivisione abituale del tempo e del programma, ha dovuto sviluppare nuove vie per trasmettere i contenuti agli alunni e valutare i loro progressi. Questa esprienza, se stiamo attenti a non cadere nella negligenza, ci permette di sperimentare ciò che i Greci chiamavano scolè, ovvero il piacere disinteressato per l’apprendimento e la conoscenza.
Certo, la didattica a distanza è agli albori e non mancano interrogativi sul futuro, soprattutto a breve termine. Ma i progressi fatti in queste settimane sono molto importanti e saranno utili per gli anni a venire, anche fuori da questa brutta situazione, senza dimenticarci che nessuna tecnologia potrà mai sostituire il calore del contatto umano.